Il monitoraggio dell’agricoltura sociale in Sardegna

Tradizionalisti pionieri

Ho comprato questa terra cinquant’anni fa. All’inizio volevo solo continuare a
camminare su una strada già segnata, volevo cioè continuare una tradizione antica: perciò
ho cominciato dagli ulivi, dalle viti, dai sugheri. Poi ho capito che alla tradizione potevo
affiancare qualcosa di innovativo, almeno per l’epoca, appunto cinquant’anni fa: e così
abbiamo avviato l’agriturismo in un momento in cui non lo aveva fatto ancora nessuno,
almeno nella mia zona, e anche altrove in realtà erano in pochi.

Io penso che noi siamo stati dei tradizionalisti pionieri, o degli innovatori tradizionali
ed è anche così, con questo sguardo storto perché rivolto contemporaneamente al
territorio e al futuro, senza voler mai rinunciare ne all’uno né all’altro, che ci siamo
avvicinati all’agricoltura sociale.

Abbiamo iniziato nel 2014, quando la Prefettura ci ha inviato un primo gruppo di
migranti rifugiati politici. Tre anni dopo abbiamo dovuto interrompere; la nuova gara
prevedeva condizioni economiche peggiori in cambio di un impegno maggiore in
termini di tempo.

Allora abbiamo tentato l’inserimento lavorativo di detenuti giunti alla
fine della loro pena e di altri condannati per reati minori, ma ci siamo dovuti fermare di
nuovo, perché le condizioni previste dalla Prefettura erano oltre le nostre possibilità.

Il lato negativo di queste esperienze è stato, per noi, lo scontro continuo con la
burocrazia e con la viscosità delle procedure, ma soprattutto il disinteresse da parte dello
Stato nel compiere piccoli passi capaci di risolvere problemi grandi. Però questi
fallimenti ci hanno permesso di apprendere competenze gestionali e operative che hanno
letteralmente spalancato la porta, nella gestione dell’azienda, alle capacità innovative dei
miei figli.

Sono loro, infatti, che hanno colto l’occasione per conoscere le altre aziende
che, esattamente come noi, si erano rivolte alla Prefettura; adesso stanno costruendo una
rete di aziende diverse con lo scopo di dare vita a nuovi progetti di agricoltura sociale e
di welfare locale, o ad accordi per la fornitura di produzioni, o di marketing collettivo, o
per creare comunità energetiche.

Saranno i miei figli a continuare la strada da dove ho dovuto interromperla. Io mi sa che me ne torno alle viti, agli ulivi e ai sugheri, che non vanno lasciati soli.

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